GLI UOMINI DELLA RSI: RENATO
RICCI
PROFILO DI UN COSTRUTTORE CHE
FU ANCHE UN CAPO MIO PADRE RENATO
Giulio Ricci
Creatore dello Stadio dei Marmi, fondatore dell'Opera
Nazionale Balilla e della Guardia Nazionale Repubblicana, Ministro delle
Corporazioni, visse e lavorò senza posa accanto a Mussolini
Mio padre Renato Ricci nacque a Carrara il
primo giugno del 1896 da una famiglia di cavatori, gente rude abituata
ad un lavoro duro e pericoloso. Il capo famiglia era un nonno garibaldino
che instillò l'amor patrio ai suoi nipoti sin dalla più tenera
età. Dopo il diploma di ragioniere e alcune traversie politiche
per aver manifestato per la italianità di Trento e Trieste, mio
padre si arruolò volontario nei bersaglieri nel 1915 e partecipò
a tutta la campagna meritandosi due medaglie al valore ed una croce di
guerra al merito, quale comandante di pattuglie di Arditi per azioni compiute
al di là delle nostre linee.
Fu il primo ufficiale italiano a entrare in Trieste
liberata. Nel 1919 essendo di stanza a Monte Nevoso, seguì D'Annunzio
nell'impresa fiumana trascinando con sé un battaglione del suo reggimento
con tutto l'equipaggiamento. Durante l'impresa partecipò all'occupazione
di Zara al comando di una compagnia Bersaglieri della Legione del Carnaro.
Strinse amicizia con Marinetti, Paulucci di Calboli, Mascagni e Keller,
con il quale volò più volte e per il cui consiglio, pochi
anni dopo, conseguì il brevetto di pilota.
Dopo il Natale di Sangue tornò a Carrara
e fondò il Fascio di Combattimento. I primi fascisti erano solo
17, ma ben presto il movimento si dilatò, tanto che Ricci s'impose
da Livorno fino a Genova e Firenze, collaborando alla organizzazione del
Movimento con Perrone Compagni a Firenze, e con Costanzo Ciano a Livorno.
Le lotte furono durissime con molte vittime, basti ricordare l'eccidio
di Sarzana nel quale persero la vita 17 fascisti e più di 46 furono
feriti. Il 29 ottobre dopo aver occupato la prefettura e la caserma Dogali,
disarmandone la guarigione, che d'altronde era quasi consenziente, nella
notte fermò il primo treno per Roma che passava per la stazione
di Avenza, che era il treno di Mussolini. Ricci fu cordialmente accolto
e presentò 200 squadristi armati di tutto punto. Mussolini fece
agganciare un'altra vettura e si intrattenne con Ricci, e lo incaricò
di prendere il comando di tutte le squadre fasciste che si stavano concentrando
a S. Marinella.
Tornato a Carrara viene nominato da Mussolini Alto
Commissario del Partito con compiti ispettivi e organizzativi. Si interessa
in particolare della situazione economica del suo paese e promuove la ristrutturazione
dell'ospedale, la realizzazione di case popolari, il rinnovo dell'Accademia
di Belle Arti, e promuove iniziative a favore della industria marmifera
locale. Nel 1924 è eletto deputato e continua la sua attività,
sia nel partito che a favore di Carrara, fondando tra l'altro il Consorzio
marmi. Nel 1926 viene chiamato a Roma e nominato Sottosegretario all'Educazione
Nazionale, con il compito di riorganizzare la gioventù dal punto
di vista morale e fisico.
Immediatamente si reca in Inghilterra e prende contatto
con Baden Powell, capo dell'organizzazione scautistica, che gli dà
preziosi consigli e lo esorta a tornare in America per prendere visione
delle grandi scuole americane. Torna in Italia e in volo si reca in Germania
dove prende contatto con la Bauhaus e il modernissimo movimento artistico
e architettonico di Gropious.
Nasce cosi L'Opera Nazionale Balilla, alla cui presidenza
Renato Ricci resterà per 11 anni dal 1926 al 1937; (naturalmente
con il solo stipendio di Sottosegretario al Ministero dell'Educazione nazionale).
Realizza 900 Case del Balilla e della Piccola Italiana,
tutte con palestre, piscine, biblioteche e sale di riunione, giardini,
ecc. Queste case per la gioventù, che Ricci fece realizzare, sono
per la maggior parte ora abbandonate e ridotte in rovina. Realizza 12 Collegi,
fra cui: il Morosini di Venezia, il Collegio Aeronautico di Forlì,
i Collegi Navali di Brindisi, Sabaudia e il Collegio femminile di Orvieto.
Mette in mare la nave scuola Palinuro per accogliere gli scugnizzi napoletani.
Ma soprattutto, in questo periodo mette mano per
primo alla realizzazione di quella che sarà una delle più
importanti opere del regime: Il Foro Mussolini.
Lo Stadio dei Marmi al Foro Mussolini
Ricci voleva prima di tutto realizzare una scuola
da cui attingere i dirigenti della sua organizzazione in fieri. Si trattava
di trovare un'area con possibilità di sviluppo. Ricci essendo membro
del Governo trattava la cosa direttamente con il Governatore di Roma, suo
vecchio amico e squadrista della prima ora.
Furono scartate tre aree disponibili. la prima,
quella dell'attuale sede della città Universitaria, perché
già occupata da servizi ospedalieri e destinata già in parte
dal Ministero dell'Educazione nazionale a espansioni per cliniche universitarie.
La seconda area scartata fu nella Zona di Casal Palocco, troppo distante
da Roma. La terza zona scartata fu quella dell'attuale Villaggio
Olimpico(campo di addestramento militare) perché gli studi presenti
al Ministero dell'E.N. prevedevano la presenza di reperti romani.
Rimaneva un'area pantanosa, soggetta alle piene
del Tevere, la attuale sede. Ricci non si perse di animo e accettò
questa area purché tutti gli scarichi delle demolizioni che si prevedevano
ed erano in corso a Roma venissero dirottati in quell'area secondo le sue
indicazioni. (Chiamò quindi un giovane professore di disegno, già
rettore dell'accademia di Belle Arti di Carrara, e gli indicò i
suoi intendimenti e le sue idee e con lui discusse il primo piano regolatore
del Foro Mussolini. Gli affidò l'incarico dell'Accademia e del primo
Stadio dei Marmi il cui fondo è al livello originale del terreno.
Lo Stadio dei Marmi fu così realizzato, e
il materiale fu ottenuto ritirando da Carrara tutti i blocchi di scarto
gratuitamente concessi dalle varie cave, perché non utilizzabili
per la lavorazione. Infatti si può ancora vedere che si tratta di
blocchi appena sbozzati, o con tagli grezzi di sega.
Per le statue, di cui Ricci voleva arredare lo stadio,
furono regalate da varie città italiane e tutte scolpite, per espresso
desiderio di Ricci, da giovanissimi scultori sconosciuti, dei quali alcuni
divennero poi celebri come Bellini, Selva, Canevari, Buttini ed altri.
Chiamò a collaborare, per gli ulteriori progetti
del Foro, Costantini per le terme e le piscine, di cui una pensile, Pintonello
per l'obelisco. Quest'ultimo eseguì una accurata ricerca sul modo
di innalzare gli obelischi, e una ricerca storica su quelli innalzati dai
Papi. Costantini e Pintonello ebbero i primi incarichi a 24 anni, e Pintonello
ebbe la responsabilità di dirigere tutte le costruzioni che dal
1930 furono eseguite nel Foro. Ebbe anche l'incarico di progettare il così
detto stadio dei Cipressi insieme all'ingegner Frisa. Il progetto del piazzale
dell'Impero fu affidato all'architetto Moretti, e la fontana della Sfera
agli architetti Pediconi e Paniconi. Infine, nel 1934, fu affidata a Moretti
la rielaborazione totale di tutto il sistema urbanistico del Foro, con
il progetto da lui realizzato della Accademia delle Armi e con l'Arengo
delle Nazioni e altri edifici purtroppo non realizzati. Fu chiamato ancora
una volta Del Debbio che realizzò la Foresteria Nord, mentre Costantini
realizzò la Foresteria Sud, nei pressi di Ponte Milvio. Questo edificio
è stato poi deturpato perché il bellissimo rivestimento di
marmo bianco è stato asportato e sostituito da una banale cortina
di mattoni.
Non va dimenticato che Ricci, Sottosegretario all'Educazione,
nazionale, aveva il controllo della Sopraintendenza alle Belle Arti e così,
tramite il professor Ceschi della Sopraintendenza, fece apporre il vincolo
di inedificabilità a tutte le colline di Monte Mario soprastanti
il Foro, lasciando così a Roma il più grande polmone verde,
quasi al centro della città, come corona al suo Foro.
Protesse tutti gli artisti giovani a qualsiasi corrente
appartenessero. Tenne in massima considerazione i docenti universitari
e volle che il Rettore dell'Accademia Fascista al Foro Mussolini fosse
sempre uno scienziato di chiara fama. Si alternarono così i professori
Versari (anatomico), Pende (biologo) e Virno (noto medico). Il professor
Midulla assunse la direzione della rivista scientifica dell'O.B. Furono
fatte accurate ricerche nel campo scientifico afferenti i vari aspetti
dell'educazione fisica e morale, con particolari riflessi sull'influenza
che l'educazione fisica ha sul morale e sulla qualità del lavoro,
per migliorare la qualità della vita.
Un aspetto poco conosciuto dell'Opera Balilla fu
quello che riguarda le numerose crociere e viaggi all'estero voluti da
Ricci, perché i giovani italiani avessero contatti con i loro coetanei
di altri paesi e di altre civiltà. Furono organizzate crociere in
U.S.A., Sud America, Africa, Oriente, Nord Europa. Furono promosse tutte
le attività all'aria aperta, campeggi, al mare e in montagna. Fu
istituita la prima scuola di Volo a vela cui potevano accedere giovani
dall'età di 16 anni.
Nel 1937 Mussolini spostò Ricci alla guida
di uno dei più delicati settori dell'attività economica della
Nazione, e cioè lo nominò prima come sottosegretario e poi
come ministro alla guida del Ministero delle Corporazioni.
In questa veste fu uno degli artefici principali
dell'Autarchia, promuovendo tutte le disposizioni che videro l'eccezionale
sviluppo dell'industria nazionale. In sostanza la base della grande industria
italiana si deve proprio a quei sei anni in cui diresse quel Ministero.
Nel 1940, essendo Ministro delle Corporazioni, vista
la disastrosa svolta delle operazioni militari in Albania, partì
nuovamente come volontario, raggiunse il 2° Reggimento bersaglieri
in prima linea fra Berati è la Voiussa e partecipò alla campagna
contro la Grecia, venendo due volte decorato per atti di valore compiuti
al di là delle nostre linee. Riorganizzò i servizi del Reggimento
facendo venire un medico amico, il primario chirurgo dell'Ospedale di Venezia,
professor Dino Cagetti che, sebbene ferito, continuerà a dare la
sua opera in quel tragico inverno. Lo seguono al fronte anche il giornalista
Marzolo e un operaio comunista di Carrara, certo Lissan. Fa acquistare
a proprie spese duecento paia di scarponi e li distribuisce ai Bersaglieri
che ne erano privi. Alla fine della guerra di Grecia consegnò a
Mussolini un lungo rapporto dettagliato sulle manchevolezze dell'equipaggiamento
e dell'addestramento dei nostri soldati.
Nel febbraio 1943 viene esonerato dall'incarico
di Ministro e si ritira in campagna in Toscana, presso amici, dove si trovava
ancora il 25 luglio. Poco dopo, subisce una perquisizione e viene piantonato
in casa dai Carabinieri.
Siamo nel periodo dell'assassinio di Muti. L'Ambasciata
di Germania si mette in contatto con noi, e io, sedicenne, vado a Roma
con mezzi di fortuna e concordo con Dollmann e Wenner la presenza a Tassignano,
presso Lucca, dell'aereo di Kesselring per il 17 Agosto tra le otto e le
dieci, con motori accesi. Mio padre ed io, eludendo la sorveglianza dei
Carabinieri, riusciamo, in bicicletta, con uno stratagemma, a portarci
verso il velivolo e a prendere il volo fino a raggiungere il Quartier Generale
di Hitler ai Laghi Masuri nei pressi di Tannenberg.
E noto che i tedeschi chiamavano Ricci "il
prussiano d'Italia". Fummo a lungo interrogati sulla situazione militare
generale del Paese e io feci da interprete durante le prime conversazioni,
poi, sia per lo stress che per il clima, mi ammalai gravemente di polmonite,
cosicché potei seguire i rapporti fra i tedeschi e mio padre solo
per quello che lui mi riferiva. Eravamo alloggiati in una piccola casa
su una isoletta nel mezzo di un lago senza telefono né radio. I
colloqui di mio padre si svolsero con molta correttezza con Hitler, Wolff,
Himmler ed altri, soprattutto militari, di cui non ricordo i nomi. L'8
settembre notte mio padre fu convocato improvvisamente, e Hitler gli illustrò
la situazione creatasi e chiese chi potesse riprenderla in mano. Mio padre
non ebbe esitazioni nell'indicare Mussolini. Hitler rispose: "Abbiamo
sempre saputo dove si trovava, provvederemo a liberarlo". Pochi giorni
dopo venimmo condotti in volo a Monaco, dove Ricci trovò Mussolini
libero. Il 17 Settembre volammo in Italia, sempre con il velivolo di Kesselring,
e Ricci proseguì per Roma dove assunse il comando della Milizia
che poi, con l'aggiunta di Carabinieri e di reparti della Polizia Africa
Italiana e molti giovani volontari, divenne la Guardia Nazionale Repubblicana.
Renato Ricci, comandante generale della GNR, in visita al battaglione-scuola
Allievi Ufficiali "Orvieto" nel complesso dell'Accademia femminile
da lui stesso creata quando era presidente dell'Opera Nazionale Balilla.
In un tempo relativamente breve questo Reparto divenne
una Arma organica, con addirittura otto scuole allievi ufficiali e una
organizzazione capillare che sembrò miracolosa per le sue dimensioni
e la sua efficienza. Ricci sostenne sempre che i reparti della R.S.I. dovevano
essere tutti volontari, dal che scaturirono non poche difficoltà
con Graziani che voleva la coscrizione obbligatoria. Volle formare, accanto
ai reparti di veterani, reparti giovanili d'assalto inquadrati da ufficiali
subalterni, che dovevano provenire dalle otto scuole all'uopo create. Nel
1944 la G.N.R. era diventata una forza di 360.000 uomini. In quel periodo,
il fratello di mio Padre, semplice Sergente Maggiore della Milizia, venne
ucciso con una raffica di mitra nella schiena, mentre rientrava nella propria
modesta casa di Carrara. Benché sollecitato dai tedeschi e da tutte
le autorità italiane a organizzare una esemplare azione di rappresaglia
(Kesselring mise a disposizione ingenti reparti tedeschi) Ricci rifiutò
ogni consiglio, ritenendo la vendetta un inutile spargimento di sangue
che avrebbe portato altre inutili sciagure al Paese.
Allievi ufficiali del battaglione "Orvieto"tornano da una
esercitazione
Nella primavera del '44 mi arruolai anche io come
semplice legionario nel Decimo Battaglione d'Assalto Roma al comando del
Maggiore Guerzoni. Alla metà del '44 Ricci lasciò il comando
della G.N.R. per contrasti con i Tedeschi e con le Autorità italiane,
contrasti che culminarono nella trasformazione dei battaglioni Giovanili
d'Assalto in reparti contraerei.
A Ricci rimasero solo la presidenza dell'O.N.B.
risorta, e undici fedelissimi ufficiali che vollero rimanere con lui.
Arriviamo così al tristissimo epilogo della
R.S.I., nell'aprile del'45. Il 25 aprile Ricci si recò in prefettura
a Milano e attese di essere ricevuto da Mussolini, che era impegnato in
arcivescovado nel tentativo di una soluzione finale e pacifica degli ultimi
sviluppi del conflitto. Ricci tenta anche di essere ricevuto da Vittorio
Mussolini, che gli fece sapere di ripassare. Allora Ricci rientrò
al suo ufficio, e riuniti i suoi 11 ufficiali confermò ad ognuno
le disposizioni impartite in precedenza.
Nella serata osservò dal suo alloggio di
Porta Venezia la colonna delle auto del Governo della R.S.I. che usciva
da Milano.
Nella notte uscì anche lui da Milano con
un carro armato della Leonessa accompagnato da sei dei suoi ufficiali.
Vennero attaccati e risposero al fuoco. Traversarono vari posti di blocco,
poi si tolsero le tute da combattimento e distrussero il carro.
Ricci non viene ricercato perché i giornali
avevano pubblicato la notizia del suo suicidio con foto molto somiglianti.
Dopo tre mesi di latitanza, tramite una delazione,
venne catturato e subì cinque anni di carcere con due condanne a
trenta anni, finché usci con l'amnistia "Togliatti".
Uscito dal carcere si occupò di affari con
la Germania, dove la grande industria tedesca gli aprì le braccia.
Molti industriali tedeschi erano stati in carcere con lui per ragioni politiche
e, da "vecchi galeotti", si affidavano a lui per i loro interessi
in Italia. Purtroppo una grave forma di cancro lo stroncò nel giro
di un mese, subito dopo un suo viaggio in Germania. Prima di morire tuttavia
assieme a Graziani e Borghese fondò la Associazione Combattenti
della R.S.I. di cui Graziani fu il presidente e Borghese e Ricci i due
Vicepresidenti.
Morì a Roma il 22 gennaio 1956 dopo atroci
sofferenze, sopportate con stoica fermezza.
STORIA VERITÀ N. 9. Novembre Dicembre 1997 (Indirizzo
e telefono: vedi PERIODICI)
«MIO PADRE FEDELISSIMO DI
MUSSOLINI» «La notte fra l'8 e il 9 settembre '43, venne
convocato da Hitler che gli chiese chi poteva prendere le redini dell'Italia.
Egli indicò, senza esitazioni, il Duce».
Intervista esclusiva al figlio di Renato Ricci
Daniele Lembo
L'architetto Giulio Ricci di recente ha inviato
in redazione una missiva (comparsa nel n. 38), per smentire talune affermazioni
riguardanti suo padre, corredata di una notevole documentazione a testimonianza
degli ottimi rapporti intercorsi fra Renato Ricci, comandante della GNR
durante la Repubblica Sociale, e Valerio Borghese, comandante la Xa Mas.
Cordiali rapporti, dunque, caratterizzati da uno spirito di leale cameratismo,
e proseguiti anche nel dopoguerra.
Il nostro collaboratore Daniele Lembo ha incontrato
Giulio Ricci a Roma, dove vive e lavora, nel suo studio professionale.
Ricci, che è un giovanile architetto settantatreenne, lo ha ricevuto
con estrema affabilità concedendogli l'intervista che pubblichiamo
qui di seguito.
Nel corso del cordiale colloquio, Ricci ha tratteggiato
l'esemplare figura del padre ripercorrendo le vicende storiche che lo hanno
visto protagonista, descrivendo episodi che hanno contraddistinto la sua
intensa esistenza, fornendo notizie inedite di rilievo storico che contribuiscono
a dissipare la cortina omertosa che tuttora grava sul ventennio fascista
e sulla Repubblica Sociale.
Dove e quando è nato suo padre, quali studi
ha compiuto?
«Mio padre è nato a Carrara l'1
giugno 1896, suo nonno, valoroso garibaldino, fu ferito a Calatafimi. Suo
padre era capo cava dei conti Fabbricotti, grandi proprietari di cave a
Carrara».
«Renato Ricci si è diplomato in
ragioneria a 18 anni. Dopo gli studi ha continuato ad approfondire le sue
conoscenze, infatti amava ogni sera dedicare del tempo alla lettura dei
testi classici, scientifici e di arte. Tenne in così alta stima
la cultura e la scienza che, quando fu sotto segretario all'Educazione
Nazionale e presidente dell'O.N.B., nominò sempre come Rettore dell'Accademia
di Educazione Fisica anziché un ginnasta uno scienziato di chiara
fama».
Come è iniziata la sua carriera militare?
«Dopo essere stato ardente interventista
e in contatto con Marinetti, si è arruolato nel 5° Bersaglieri
(aveva 19 anni) ed ha partecipato a tutte e quattro le campagne del primo
conflitto mondiale, venendo decorato ben tre volte (una croce al merito
e due medaglie al valore)».
«Il 19 settembre 1919, seguito da tutto
il suo Battaglione, si è arruolato con D'Annunzio, che aveva appena
occupato Fiume. Successivamente fu al comando della Compagnia Bersaglieri
del Battaglione Carnaro, che occupò Zara per conto di D'Annunzio,
dal quale ebbe anche incarichi diplomatici presso l'ammiraglio Millo,
Governatore della Dalmazia».
«Tengo a ricordare che quando mio padre
morì la sua bara fu avvolta nello stendardo di Zara a ricordo di
quell'impresa».
Quando è entrato nel Partito Nazionale Fascista
e quali sono stati gli incarichi di natura politica e militare da lui ricoperti
fino all'8 settembre 1943?
«Nel 1921 ha fondato la Sezione del Partito
Fascista di Carrara. Partecipò nel 1922 alla marcia su Roma, scortando
addirittura il treno di Mussolini e avendo da lui l'incarico di assumere
il comando delle squadre fasciste a S. Marinella».
«Nel 1923 è stato Alto Commissario
e Vicesegretario del P.N.F. con funzioni ispettive».
«Nel 1924 ottenne il brevetto di pilota
aviatore, che manterrà valido fino al 1944, con un imponente numero
di ore di volo».
«Nello stesso anno viene eletto Deputato
al Parlamento e promuove la costituzione del Consorzio Marmi, per sollevare
la sua regione dalla grave crisi economica che stava attraversando».
«Nel 1926 è stato nominato sotto
segretario all'Educazione Nazionale ed in tale veste incaricato da Mussolini
di creare un'organizzazione per la gioventù italiana e cioè
quella che divenne l'Opera Nazionale Balilla. Fu a capo dell'O.N.B. dal
1926 al 1937 creando, come citato in molti documenti, un'imponente organizzazione
per la gioventù italiana. Infatti, oltre a realizzare grandiosi
complessi come il Foro Italico a Roma, diversi collegi aeronautici e navali
e 900 case del Balilla, promosse viaggi d'istruzione all'estero per i giovani
e aiutò giovani architetti e artisti dell'epoca dandogli prestigiosi
incarichi, che consentirono loro di affermarsi rapidamente».
«Nel 1937 l'O.N.B. fu assorbita dal Partito
Fascista e Renato Ricci fu messo da Mussolini alla testa del più
importante ministero economico della Nazione e cioè il Ministero
delle Corporazioni. In tale veste egli fu uno dei maggiori responsabili
del programma dell' "Autarchia", che consentì la creazione
della maggior parte della grande industria italiana, svincolandola dalla
sudditanza estera».
«Nel dicembre 1940, vista la tragica situazione
delle operazioni militari del fronte greco-albanese, lasciò il suo
posto di Ministro e come tenente colonnello dei Bersaglieri raggiunse in
prima linea, sul fronte di Berati, il suo vecchio reparto della prima guerra
mondiale. Anche qui, per azioni svolte al di là delle linee, venne
decorato due volte al valor militare».
«Tornato in Italia, alla fine della campagna
greco-albanese, riprese il suo lavoro di Ministro fino al febbraio del
1943, anno in cui Mussolini fece il famoso "cambio della guardia",
cambiando l'intero governo».
«Il 25 luglio del 1943 Mussolini venne
arrestato e il Re nominò primo ministro il maresciallo Badoglio.
In quella data, non conoscendo i retroscena della riunione del Gran Consiglio
e dell'arresto di Mussolini, mio padre stilò tre telegrammi, uno
al Re, uno a Mussolini e uno a Badoglio, rinnovando a tutti e tre la sua
fedeltà nel nome dell'Italia».
«Cominciò immediatamente la pesecuzione
dei fascsti con arresti, perquisizioni; morirono in drammatiche circostanze
Ettore Muti e il maresciallo Cavallero, entrambi strettissimi amici di
mio padre».
«Preavvisati dall'Ambasciata tedesca di
essere in pericolo di vita, mio padre ed io raggiungemmo con una rocambolesca
avventura l'aereo di Kesserling, presso Lucca, che ci portò al quartier
generale di Hitler nei laghi Masuri, al confine con la Russia. Era il 17
agosto 1943».
«Fummo ricevuti da Hitler, il quale, sia
direttamente sia tramite i suoi collaboratori, s'intrattenne con mio padre
sulla situazione politico-militare dell'Italia. Dopo tre giorni dall'arrivo,
per il cambio climatico e lo stress, io, sedicenne, mi ammalai di polmonite
asmatica e fui curato dal Prof. Morell, medico personale di Hitler».
«Eravamo completamente isolati dall'Italia,
senza contatti e notizie. La notte fra l'8 e il 9 settembre 1943, mio padre
fu improvvisamente convocato da Hitler, che sovraeccitato e infuriato gli
comunicò dell'armistizio italiano. Hitler chiese a mio padre lumi
e consigli su chi poteva prendere le redini del paese, che, essendo fuggiti
il re ed il capo del Governo, non aveva più guida. Mio padre indicò
senza esitazione Mussolini come l'unico che poteva avere del credito in
Italia, Hitler rispose: "abbiamo sempre saputo dov'era, provvederemo
a liberarlo"».
«Infatti, il 12 settembre Mussolini fu
liberato dalla sua prigione sul Gran Sasso dai paracadutisti del generale
Student».
La G.N.R. venne istituita con D.LGS del Duce n.
913 dell'8 dicembre 1943. Il nuovo corpo di polizia venne formato facendovi
confluire il personale della M.V.S.N., della PAI e dei Carabinieri. Cosa
significò il comando della G.N.R. per suo padre?
«Il 17 settembre 1943 mio padre prese possesso
a Roma del Comando della M.V.S.N.. Quando egli, nel settembre del 1943,
incontrò in Germania Mussolini appena liberato, questi gli confermò
di organizzare reparti combattenti volontari per il nuovo stato repubblicano».
«Raccogliendo ciò che rimaneva della
Milizia, dei Carabinieri, della Polizia Africa Italiana ed accogliendo
numerosi giovani volontari, che lo ricordavano e lo stimavano come valoroso
ex combattente e capo della Gioventù Italiana, mio padre riuscì
a creare la Guardia Nazionale Repubblicana».
«La G.N.R. divenne un complesso organismo
composto da: battaglioni d'assalto giovanili, reparti di paracadutisti,
reparti corazzati, reparti di ausiliarie femminili, reparti preposti all'ordine
pubblico e ben 8 scuole allievi ufficiali».
«La G.N.R. venne definita da Mussolini
Prima Arma Combattente della RSI. Tutti i reparti della G.N.R. erano composti
da volontari, mio padre infatti credeva che la difesa della Patria dovesse
essere soprattutto affidata a volontari».
Il generale Renato Ricci fu il Comandante della
G.N.R. dal 1° ottobre 1943 al 24 agosto 1944.
Alla richiesta avanzata dal Maresciallo Graziani
di 7.000 uomini da prelevarsi dai battaglioni giovanili e da destinarsi
alla difesa contraerea, Ricci rispose negativamente ed in maniera molto
energica.
Posizione di rifiuto che fu mantenuta anche quando
in data 18 agosto 1944, convocato dal Duce tentò di non fare concessioni
alle sue prerogative di comando, tentando di evitare la cessione all'Esercito
repubblicano del personale richiesto. Tale atteggiamento indusse Mussolini
ad esonerarlo dal comando della G.N.R.
Ma chi era quest'uomo capace di dire di no anche
a Mussolini?
«Mio padre non solo era un fedelissimo
di Mussolini dalla prima ora, ma gli voleva anche molto bene, purtuttavia
rifiutò recisamente di mandare all'artiglieria contraerea, sotto
il comando tedesco, migliaia di giovani, tutti volontari, che come appartenenti
ai reparti d'assalto desideravano ardentemente di andare al fronte sotto
bandiera italiana e con i loro ufficiali».
«Per questo atteggiamento che creò
non pochi incidenti diplomatici, soprattutto con i tedeschi, fu estromesso
dal suo comando. Renato Ricci amava sempre dire la verità, anche
quando era scomoda, anche quando stilò un feroce rapporto a Mussolini
dopo la campagna greco-albanese indicando senza mezze misure tutte le deficienze
di organizzazione e materiali riscontrate, e che costarono l'inutile perdita
della vita di ufficiali e soldati che si erano battuti con eroico coraggio
in condizioni di palese disperata inferiorità».
«Ricci fu un uomo generoso e non fazioso;
infatti allorquando nel 1944 suo fratello Umberto, semplice sottufficiale
della G.N.R. fu ucciso in un'imboscata tesagli dai partigiani in Garfagnana,
non volle che i reparti alle sue dipendenze e i tedeschi alleati effettuassero
alcuna rappresaglia. Egli riteneva inutile e ingenerosa una vendetta personale
che avrebbe potuto fra l'altro colpire anche degli innocenti».
I tedeschi nell'autunno inverno 44/45 pretesero
dalla G.N.R. la fornitura di 1.000 automezzi. Il Comando generale della
Guardia, occultando i veicoli in migliori condizioni, fece sì che
ne fossero prelevati solo 400, peraltro scelti fra i meno efficienti.
Purtroppo la G.N.R. non aveva conseguito con l'alleato
un analogo risultato positivo nell'agosto precedente. Infatti i tedeschi
avevano richiesto la cessione di 5.000 carabinieri da destinare alla difesa
antiaerea in Germania. Essendo stati inviati in Germania solo 2.000 carabinieri
(quasi tutti volontari), gli alleati germanici non esitarono a penetrare
nelle caserme G.N.R. e a prelevare con la forza i restanti 3.000 carabinieri.
Questo episodio è uno di quelli indicati
come determinanti nell'indurre molti carabinieri ad entrare nella Resistenza.
Quale fu l'atteggiamento del generale Ricci uomo
capace, come visto, di tenere testa a Mussolini, in questa occasione?
«Mio padre difese fino allo stremo i Carabinieri,
dei quali, peraltro, era stato sempre un grande ammiratore, tanto da consentire
ai loro Ufficiali, non disposti ad indossare la camicia nera, di andare
in congedo senza problemi».
«Mio padre protestò violentemente
presso Wolff e presso Rahn contestando l'inqualificabile gesto del prelevamento
forzoso dei 3.000 carabinieri; purtroppo le proteste rimasero tali e si
venne a creare un rapporto di vera e propria ostilità con i tedeschi».
«I rapporti con i tedeschi andarono via
via peggiorando anche perché questi non fornirono alla G.N.R. armi,
mezzi ed equipaggiamenti a suo tempo formalmente promessi dallo stesso
Hitler, promesse più volte convalidate da Wolff e da Rahn».
«Addirittura per procurarsi armi e soprattutto
benzina, elementi della Guardia travestiti da partigiani assaltarono più
volte magazzini tedeschi pieni di materiale italiano requisito dopo l'8
settembre, riuscendo così a recuperare detto materiale indispensabile
per l'equipaggiamento della G.N.R.».
Quali furono gli altri incarichi ricoperti dal generale
Ricci in seno alla R.S.I. dopo aver lasciato il comando della G.N.R.?
«Estromesso dal comando della GNR, è
rimasto soltanto Presidente dell'O.N.B. e in questa veste ha organizzato
numerosi battaglioni delle giovanissime "Fiamme Bianche", reparti
che si batterono con onore ed entusiasmo fino all'ultimo, pagando spesso
con la vita il loro amor di patria».
«L'O.N.B. organizzò l'assistenza
alle famiglie di sfollati al nord e tutta una serie di servizi sociali,
non facendo mai distinzione di appartenenza a partiti».
«Ricci rimase, inoltre, presidente della
Federazione Italiana Sport Invernali, presidenza che aveva dal 1926 ed
in tale veste, dopo i noti scontri con i tedeschi, ricevette una quantità
di sollecitazioni da noti maestri di sci e guide alpine a lasciare la Repubblica
Sociale e a unirsi ai partigiani, cosa che naturalmente rifiutò
con bonomia e senza astio».
Dov'era il generale Renato Ricci alla data del 25
aprile 1945 e come fece a salvarsi dal bagno di sangue che fece migliaia
di vittime fra gli appartenenti alla R.S.I.?
«Il 25 aprile del '45 mio padre, con i
sette Ufficiali della G.N.R. che erano rimasti alle sue dipendenze, chiese
di essere ricevuto da Mussolini per mettersi a disposizione, ma Mussolini
era in Arcivescovado e pertanto, non potè riceverlo».
«La richiesta di udienza fu avanzata nel
pomeriggio; in serata mio padre si recò al suo comando in attesa
di ordini ma, mentre cenava con i suoi ufficiali, vide passare la colonna
dei gerarchi e di Mussolini avviata verso la periferia di Milano; alla
vista di Mussolini che lasciava Milano capì che era la fine».
«Al termine della cena, avendo già
predisposto nel cortile del comando un carro armato e un camion, salì
con i suoi ufficiali su questi mezzi e si allontanò da Milano riuscendo
a superare vari posti di blocco aprendosi la strada con le armi».
«Giunto in località prestabilita,
il carro e il camion vennero distrutti unitamente alle divise e con le
biciclette, che avevano portato con sé, raggiunsero una casa colonica
nella quale abitava un Ufficiale, con la sua famiglia, che conduceva una
vita da civile».
«Preciso che mio padre deve la sua salvezza
ad un piano predisposto ormai da tempo, infatti aveva individuato e preparato
questa casa che lo avrebbe ospitato, in caso di necessità una volta
finita la guerra, consentendogli di attendere l'evolversi della situazione
politica».
«Per una spiata fu identificato ed arrestato
il 28 giugno 1945. All'atto dell'arresto, come appare dai giornali dell'epoca,
si comportò assieme ai suoi ufficiali con dignità e fierezza».
Come ha vissuto Renato Ricci nel dopoguerra?
«Dopo l'arresto è rimasto in prigione
per cinque anni, subendo quattro processi accompagnati da severissime indagini
finanziarie, morali e patrimoniali».
«Tengo a precisare che essendo stato responsabile
per cinque anni di tutti i maggiori finanziamenti relativi alle grandi
industrie italiane, avrebbe potuto facilmente approfittare di questa situazione,
ma come si evince facilmente dalle inchieste a suo carico del dopoguerra,
nulla venne addebitato alla figura cristallina di mio padre».
«Egli ha vissuto nel dopoguerra con lavori
di rappresentanza, fra cui uno molto importante offertogli da una primaria
industria tedesca, il cui presidente, che era stato imprigionato e processato
dagli alleati alla fine della guerra, gli disse testualmente: "fra
ex galeotti dobbiamo aiutarci"».
Ha mai ricevuto minacce? Soprattutto, quanto e come
ha pagato la sua militanza fascista?
«Non solo non ha mai ricevuto alcuna minaccia,
ma ha ricevuto testimonianze di stima ed amicizia anche da avversari politici».
«Assieme a Borghese fondò l'Unione
Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, il cui presidente fu Rodolfo
Graziani e vicepresidenti Borghese e Ricci».
Chi era Renato Ricci come uomo?
«Mio padre mi ha fatto studiare molto,
ritenendo lo studio di importanza fondamentale per la formazione del carattere.
Era molto rigido nei miei confronti e molto esigente per quanto riguarda
il mio rendimento scolastico».
«Ho studiato tre lingue: inglese, francese
e tedesco, acquisendone perfetta padronanza, che mi sono servite moltissimo
nel mio lavoro professionale».
Cosa le ha lasciato e cosa lascia lei di suo padre
ai suoi figli?
«Mi ha lasciato soprattutto un grande amor
di Patria, l'amore allo studio e la volontà di affrontare i problemi
con la massima onestà».
«Facendo tesoro degli insegnamenti di mio
padre ho fatto sì che i miei figli conseguissero prestigiose lauree
in istituti internazionali e continuassero ad avere amore verso la cultura
universitaria e lo sport agonistico».
Nella vita quanto le è costato essere il
figlio di Renato Ricci?
«Da ragazzino era enormemente imbarazzante
essere al centro delle attenzioni degli altri. I miei amici preferiti erano
i compagni della scuola pubblica che frequentavo e con i quali ho mantenuto
vera amicizia».
«Molti di questi, nell'immediato dopoguerra,
si sono affermati al massimo livello nel mondo intellettuale della sinistra».
«Hanno mantenuta viva l'amicizia nei miei
riguardi anche quando, nell'immediato dopoguerra, la maggior parte delle
nostre amicizie altolocate fecero finta di non averci mai conosciuto, con
l'eccezione di alcuni esponenti dell'aristocrazia romana che continuarono
ad invitarci ed ospitarci nelle loro ville e palazzi».
Per terminare, qual è il ricordo più
bello che ha di suo padre e quale è quello più brutto?
«Il ricordo più bello di mio padre
è stato quello di un volo che ho fatto con lui da Palermo a Roma
con un tempo proibitivo nel 1934».
«Quando ci recammo, verso le 8 del mattino
all'aeroporto di Bocca di Falco a Palermo, il tempo era pessimo, con forte
vento di libeccio, raffiche di pioggia e visibilità scarsissima.
Il comando dell'aeroporto sconsigliò il volo, ma mio padre fidando
nella sua lunga esperienza di pilota volle partire ugualmente acconsentendo
a mia madre e me di accompagnarlo nel volo».
«Decollammo nella burrasca e io che ero
legato subito dietro il posto di pilotaggio di mio padre rivedo come in
un film, nonostante gli anni passati, la sua schiena bagnata dalle infiltrazioni
d'acqua che penetravano nella cabina del trimotore Caproni e il motorista
che armeggiava con manovelle e volantini vicino a lui. Le mani di mio padre
lottavano con i comandi del velivolo che sobbalzava tra le raffiche di
vento, volando basso sul mare in burrasca».
«Sono rimasto talmente affascinato da questo
volo avventuroso che il ricordo è ancora perfettamente vivo nella
mia mente. Arrivando a Ciampino, e sbucando dalle nubi, mi rammaricai che
tutto fosse già finito».
«Il ricordo più brutto è
stato quando, nel 1947 dopo la fine della guerra, vidi mio padre incatenato».
«Mia madre ed io venimmo a sapere che mio
padre con altri condannati politici sarebbe stato tradotto da Roma a Napoli
e da Napoli a Procida su un mezzo militare».
«Nella speranza di poterlo vedere almeno
da lontano, ci recammo a Procida e riuscimmo a vederlo scendere dal mezzo
militare con altri condannati politici che, se non erro, erano Borghese,
Pignatelli, Teruzzi, Amicucci ed altri, tutti incatenati fra loro come
delinquenti».
STORIA DEL XX SECOLO N. 41. Ottobre 1998 (Indirizzo e telefono:
vedi PERIODICI)